Pagina:Commedia - Paradiso (Imola).djvu/191

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canto

lx. 181

Là dove l’orizzonte pria far suole. 87. Di quella valle fui io littorano Tra Ebro e Macra, che per cammin corto, Lo Genovese partedal Toscano. 90 A un occaso quasi e a un orto Buggea siede, e la terra onde io fui, Che fe’ del sangue suo già caldo il porto. 93 Folco mi disse quella gente, a cui Fu noto il nome mio; e questo cielo Di me s’ imprenta come io fei di lui; 96 Che più non arse la figlia di Belo, Noiando e a Sicheo e a Creusa, Di me, infin che si conveone al Pelo; 99 Nè quella Rodopea che delusa Fu da Demofoonte, nè Alcidc, Quando lole nel core ebbe richiusa. 1o Non però qui si pente, ma si ride, Non della colpa, che a mente non torna Ma del valor che ordinò e provvide. lOS Qui si rimira nell’ arte che adorna Colanto affetto, e discernesi il bene, Per che al mondo di su quel di giù torna. 108 Ma perchè le tue voglie tutte piene Ten porti, che son nate in questa spera, Procedere ancor oltre mi conviene. 111 Tu vuoi saper chi è in questa lumiera, Che qui appresso me così scintilla, Come raggio di sole in acqua mera. 114 Or sappi che là entro si tranquilla Raab, e a nostro ordine congiunta Di lei nel sommo grado si sigilla. 117