Pagina:Commedia - Paradiso (Imola).djvu/194

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18 PARADiSO mi nel chiarore che tramandava, gli occhi di Beatrice eh eran fermi sopra me come pria gli occhi di Beatrice in me feriiii come quando chiesi a lei il permesso di parlare con Carlo Marlelio di caro assenso al mio disio fermi certificato di grato consenso con un moto mi certificarono. O beato spirto, metti tosto compenso al mio voler io Dante dissi, ti prego caldamente o spiriW beato di rispondere alle nìie domande e fa prova che possa in te reflectere quel eh io penso e fammi certo coll’esperienza, che io possa per mezzo di Dio, in te vedere come in uno specchio quanto io penso, ossia provami che il mio desiderio in Dio dipinto si riflette in te. unde la luce che m era ancora nova onde 1’ anima che io non conosceva ancora per nome dal suo profondo ond’ella pria cantava dal centro della sfera di Venere, in cui prima cogli altri spiriti cantava seguette senza ritardo come a cui de ben far giova come a colui che si diletta nel fare del bene. Così vuoi significare che 1’ anima cantava prifondamente fissa nella divina contemplazione prima di parlare con I. , Dante. Morto Federico il, Ezzelino da Romano di lui alleato si AA t(’ ‘ mostrò apertamente un feroce tiranno per tutta la Marca Tnvigiana. Col favore de’ montagnardi ebbe prima il dominio di Verona, poi di Padova, di Vicenza, di Treviso, di Feltro, di Tnidenio, ed in ultimo di Brescia. Così padrone quasi della metà di Lombardia, mentre con forte esercito stringeva Mantova di assedio, seppe la perdita di Padova per ribellione di un legato del papa, e tornò rabbioso, e furente in Verona, e fece morire col ferro, colla fame e col fuoco dodici mila pri’ gionieri padovani, troncando piedi e mani a qualunque tentava di fuggire: non la perdonò nè a parenti, nè ad amici. Finalmente Azzone 11 marchese d’ Este, insieme coi mantovani, e cremonesi ordinò una congiura contro di lui. — Ma Ezzelino,