Pagina:Commedia - Paradiso (Imola).djvu/383

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canto

XXI.

TESTO MOlMkN() Già eran gli occhi miei rifissi al volto Della mia Donna, e l’animo con essi, E da ogni altro intento s’era tolto; Ed ella non t’idea; ma: s’io ridessi, Mi cominciò, tu ti faresti quale Semele fu, quando di cener fessi; 6 Chè la letizia mia, che per le scale Dell’eterno palazzo più s’accende, Come hai veduto, quanto più si sale, 9 Se non si temperasse, tanto splende, Che il tuo mortal potere, al suo fulgore, Sarebbe fronda chetuono scoscende. 12 Noi siam levati al settimo splendore, Che sotto il petto del Leone ardente Baggia mo misto giù del suo valore. Ficca diretro agli occhi tuoi la mente, E fa di quegli specchio alla figura, Che in questo specchio ti sarà parvente. 18 Qual sapesse quale era la pastura Del viso mio nell’aspetto beato, Quando io mi trasmutai ad altra cura, 21 Conoscorebbe quanto mi era grato Ubb’iire alla mia celeste scorta, Contrappesando l’un con l’altro lato.