Pagina:Commedia - Paradiso (Imola).djvu/384

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paradiso

Dentro al cristallo, che il vocabol porta,

  • Cerchiando il mondo, del suo caro duce,

Sotto cui giacque ogni malizia morLa, Di color d’oro, in che raggio traluce, Vidi io uno scalèo eretLo in suso Tanto, che nol seguiva la mia luce. 30 Vidi anche per li gradi scender giuso Tanto spiendor, eh’ io pensai che ogni lume Che par nel Ciel, quindi fosse diffuso. E come, per lo natural cosLume, Le pole insieme, al cominciar del giorno Si muovono a scaldar le fredde piume: 36 Poi altre vanno via senza ritorno, Altre rivolgon sè onde son mosse, E altre roteando fan soggiorno; 39 Tal modo parve a me che quivi fosse In quello sfavillar che insieme venne, Sì come in certo grado si percosse: E quel, che presso pi4ì ci si ritenne, Si fe’sì chiaro, ch’io dicea pensando: lo veggio ben l’amor che tu m’acenne. 45 Ma quella, onde io aspetto il come e il quando Del dire e del tacer, si sta; onde io Contra il disio fo ben s’io non dimando. Per ch’ella, che vedeva il tacer mio Nel veder di Colui che tutto vede, Mi disse: solvi il tuo caldo desio. 51 E io incominciai: la mia mercede Non mi fa degno della tua risposta, Ma, per colei che il chieder mi concede, Vita beata, che ti stai nascosta