GLI ACARNESI 5
ogni fenomeno dell’arte greca, non stupirà che per la commedia divenisse quasi vincolo tirannico.
Certo è che la commedia d’Aristofane non si svolge libera,
ma subordinata a tale schema; onde appar vjziata da un
difetto fondamentale. Infatti, compiendosi la vera azione nella
prima parte, la seconda riusciva superflua e antidrammatica.
Il commediografo poteva tutto al più mascherarne il carattere
d’appiccicatura, stringendola alla prima con qualche legame
ideologico. Ma la felicità di tale compromesso dipendeva dai
tèmi svolti; alcuni dei quali si prestavano all’accomodamento,
altri, massime quelli suggeriti o quasi imposti al poeta da
opportunità politica, erano assolutamente ribelli. Da ciò
dipende il fatto che, mentre Aristofane in ogni altro elemento
della commedia affina e perfeziona continuamente, nella economia generale procede con una oscillazione e un’ incertezza
che può indurre e ha indotto a giudizi severi e poco ponderati, fino alla esagerazione del Brentano, il quale giudicò
addirittura spurie le commedie che vanno sotto il nome di
Aristofane.
Anche la condotta scenica, negli Acarnesi, è abbastanza
difettosa. Le incongruenze, le inverisimiglianze, saltano agli
occhi. Diceopoli, modesto campagnuolo, stringe alleanza con
la potente repubblica di Sparta. Quando è riuscito a placar
gli Acarnesi, invece di cominciar senz’altro l’arringa, si reca
in casa d’Euripide a chiedere in prestito dei cenci tragici;
e i carbonai, già così feroci, attendono ora come nulla, durante
la non breve scena. Alla prima chiamata del Semicoro,
Làmaco è li pronto, come un mangiabambini da uno scatolino. E così via, quasi tutte le scene, meglio che rampollanti logicamente l una dall’altra, sono meccanicamente,