rasoi mostruosi, di sbarbificazioni cruente, dagli Idàioi
di Gratino (’), il quale avrà certo avuto i suoi modelli, sino
al Pexor r&sticus di Pomponio, e giù giù, alla famigerata stena del Barbiere di Siviglia. Immancabile dovè
essere il tratto del paziente in fuga con una gota rasa
e una no. In un frammento, probabilmente comico, riferito da Alcifrone, vediamo un barbiere burlone conciare
in tal modo un suo cliente (Adesp., 124):
Che briccone, che goffo! Non m’ accorsi
che non mi rase intera la mascella,
ma solo in parte; e mi lasciò la guancia
ispida quasi tutta, e a pezzi liscia.
Simpatia non minore riscuotevano le scene di travestimento. Ecco, pri<j)a dei numerosi camuffamenti aristofaneschi, il Diòniso d’una commedia di Cratino (s) tramutato in becco. Lo stesso Nume, mollissimo e voluttuoso,
nei Comandanti ( Taxiarchoi) di Eupoli doveva indossare
panni da soldataccio. — E qualche confronto che possiamo istituire con Pomponio ci fa poi vedere come, non
solo nel motivo generale, ma anche in minuti particolari,
i poeti d’arte sembra attingessero fedelmente da tipi abbastanza definiti. Un frammento dei Verniones (I, Ribbeck):
a peribo, non possum pati:
porcus est, quem amare coepi, pinguis, non pulcher
puer.
(’) Cfr. Scol. Tesmoj., 215
(4) Il Dionysaléxandros: clr. pag. LVII.