Pagina:Commedie di Aristofane (Romagnoli) I.djvu/31

Da Wikisource.
XXVIII PREFAZIONE

Iube modo adferatur munus, vocem reddam tenuem et tinnulam. Fo delle prove. Etiam nunc vocem deducam? Frequente e apprezzata era anche la scena della visita. La visita è spediente assai ovvio per far trovare insieme con naturalezza due persone il cui incontro sia richiesto dall’azione drammatica. Però essa spesseggia in tutto il teatro comico popolare antico (’), non meno che nella commedia dell’arte e nella tuttor viva farsa napoletana. Al repertorio comune attinse dunque Aristofane, sfoggiando, nei suoi drammi, tanto lusso di visite (s). Né altro testo gli suggerì i lazzi più o ^ìeno gustosi di cui i suoi personaggi fanno sciupio, quando si tratta di picchiare agli usci o di chiamar quei di casa. Altro lazzo benamato è la storpiatura delle lingue, che daH’Wisse solecizzante di Sofrone all’inglese delle nostre farse, ha avuto sempre virtù esilarante. Ma addirittura entusiasmo sogliono destare le lingue straniere, che il commediografo componga con sillabe prese a casaccio (’) Oltre Plauto e Terenzio, cfr. Eupoli, Framm. 42. e Menandro, Framm. 124, 860-61. (;) Diceopoli fa una visita ad Euripide (Acames), Lesina a Socrate (Nuvole), Trigeo ad Ermete (Pace). Gabbacompagno e Sperabene al Bubbola (Uccelli), Mnesiloco ed Euripide ad Agatone (Le Donne alla festa di Dànetra), Diòniso e Rosso ad Ercole (Rane).