Pagina:Corradini - Sopra le vie del nuovo impero, 1912.djvu/165

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kos e kalimno 143

sembra incredibile a noi che abbiamo le ruote della terra, del mare e del cielo. Ma il regno della civiltà, o meglio della vita attiva, è più ristretto, o miei lettori, di quel che non si pensi, quando si abita a Parigi, o a Londra, o a Roma, o a New-York; perchè non ci sono soltanto le terre inesplorate e i popoli selvaggi, ma ci sono anche le terre morte e i popoli morti. Chi non lo sa? Ma ci sfugge. Tali terre e tali popoli sono vicinissimi a noi, sotto i nostri occhi, dentro il cerchio stesso più famoso della nostra attività, ma ci sfugge. Kos è ben poca cosa: Rodi stessa è ben poca cosa; tutte insieme le Sporadi meridionali e settentrionali sono ben poca cosa. Ma insomma queste Sporadi e queste Cicladi erano un tempo le articolazioni viventi tra l’Europa e l’Asia. Dalle coste della Grecia tutte seni voraci e branchie rapaci, alle coste dell’Asia, tutte seni anch’esse e branchie, attraverso a questa seminata d’isole, la vita ferveva, si scambiava, e furono create le più belle e le più sapienti civiltà del mondo, le più profonde e le più piacevoli. Quivi, fra queste Sporadi e queste Cicladi, navicelle all’áncora che fanno ponte tra i due continenti, viveva quel popolo vario, europeo ed asiatico, che aveva del fenicio e dell’ebreo; quel popolo politropo come il suo Ulisse, avidissimo, agi-