Pagina:Così parlò Zarathustra (1915, Fratelli Bocca Editori).djvu/228

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il sacrificio del miele 229

Sino a tanto che, abboccando al mio amo sottile e nascosto, i variopinti abitatori degli abissi dovranno salire alla mia altezza; salire al più maligno di tutti i pescatori d’uomini.

Chè io sono tale sin dal fondo e dall’intimo: io sono uno che tira e attira; un educatore, un disciplinatore, il quale non invano disse un giorno a sè stesso: «Divieni ciò che tu sei!».

Dunque vengano a me gli uomini: giacchè ancora io attendo gli indizi che debbono annunciare l’ora della mia discesa: ancor non discendo, come devo, io stesso, tra gli uomini.

Qui io attendo, scaltro e beffardo, su questi alti monti, nè impaziente nè paziente, simile a colui che ha disimparata la pazienza — . perchè più non «patisce».

Poichè il mio destino mi concede ancor tempo: forse m’ha dimenticato? O forse se ne sta seduto dietro qualche grande masso e si diverte a pigliar mosche?

E invero, io sono grato al mio eterno destino, perchè esso non m’incalza e mi dà tempo di sbizzarrirmi in follie e in malizie; perchè m’ha concesso di salire oggi su questo monte per la pesca.

C’è alcuno che abbia pescato sull’alto dei monti? E se anche è una sciocchezza ciò ch’io voglio fare quassù, ebbene, val meglio far questa sciocchezza che non diventare laggiù solenne per l’attesa e verde e giallo per la rabbia.

— Simile a chi si divincola come ossesso per la collera, simile a una santa tempesta che giunge urlando dai monti, o a un impaziente che grida giù nelle valli: «Ascoltatemi, altrimenti vi frusterò col flagello di Dio».

Non già che io sappia male a tali uomini irosi; gran cosa è se mi rido di loro! Non è da meravigliare se sono impazienti, questi grandi tamburi dall’arme: se non possono essere tali oggi, non saran tali mai più.

Ma nè io nè il mio destino usiamo parlare all’oggi, e nemmeno all’avvenire; per parlare noi abbiamo tempo e pazienza: abbondanza dell’uno e dell’altra. Giacchè una volta Egli deve venire e non può passar oltre.

Chi deve venire un giorno e non passar oltre? Il nostro grande Hazar, cioè il nostro grande e remoto regno umano, il regno millenario di Zarathustra.