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Pagina:Così parlò Zarathustra (1915, Fratelli Bocca Editori).djvu/62

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del morso della vipera 63

Del morso della vipera.

Un giorno Zarathustra s’era addormentato sotto un fico, oppresso dal caldo, con le braccia incrociate sul capo. Una vipera gli si appressò e lo morse nel collo, tanto che Zarathustra, riscosso, mandò un grido. Quando ebbe scostate le braccia dal volto, guardò la vipera: allora essa riconobbe gli occhi di Zarathustra e tentò goffamente di sfuggirgli. «Ma no», disse Zarathustra, «ancora non hai avuto il mio ringraziamento! Tu mi destasti proprio in tempo: il mio cammino è lungo». «Il tuo cammino è molto breve ancora» — disse la vipera afflitta — «il mio veleno uccide». Zarathustra sorrise. «Quando mai un drago morì del veleno d’un serpente?» — disse. «Ma riprenditi il tuo veleno! Tu non sei ricca abbastanza per regalarlo a me». Allora la vipera gli si gettò attorno al collo e gli lambì la ferita.

Quando Zarathustra raccontò questo ai suoi discepoli, essi gli dissero:

«E quale, o Zarathustra, è la morale di cotesto racconto?»

Zarathustra rispose così:

«Distruttore della morale mi chiamano i buoni ed i giusti: il mio racconto è immorale.

Ma se voi avete un amico non gli date il bene in cambio del male: giacchè ciò lo farebbe vergognare.

Bensì dimostrate ch’egli v’ha fatto del bene.

O piuttosto mostrate ira, ma non obbligate l’uomo a vergognarsi.

E quando s’impreca a voi, non è bene che voi vogliate in cambio benedire. Piuttosto imprecate voi ancora!

E se v’è stato fatto un grave torto, ricambiatelo subito con cinque torti leggeri!

Triste sopra tutte è la condizione di colui che ha commesso un male e non n’ebbe ricambio di male.

V’era questo già noto? Il torto diviso equivale a mezzo diritto. E il torto deve addossarselo colui che sa portarlo!

Una piccola vendetta è cosa più umana che nessuna vendetta.