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86 libro terzo

loro rapine, nella loro vita licenziosa, nella loro tirannia contro gli Indiani, cominciarono a metter fuori le proprie lamentanze. V’ebbero tra essi emulazione di odio, e gara di diffamazione. Il direttore dello spedale, Diego Ortiz, si segnalò per la sua impudenza. Nella sua sollecitudine pei malati, Colombo vigilava sulla qualità de’ viveri e delle medicine, sull’uso del materiale e delle provvigioni; e rivedeva i conti; perciò Diego Ortiz, non contento de’ cartelli ingiuriosi che faceva attaccare sui muri di San Domingo, compose un libello contro l’Ammiraglio, leggendo poi in pubblico le insultanti lucubrazioni del suo odio1.

L’originalità della sua mordente satira, forse l’audacia delle sue calunnie e sopratutto le disposizioni del suo uditorio, gli acquistarono fama. Come d’ordinario avviene, il successo suscitò emoli. In breve i gridatori gareggiarono ad aguzzare le loro penne. Questa fu gran gioia pel nuovo governatore, il quale giunse così, per la sola forza delle cose, a diffondere contra l’Ammiraglio ogni incredibile calunnia. Nella sua purezza Colombo non imaginava che neppur nell’inferno2 se ne potessero inventare di simili. Con un po’ meno di preoccupazione e di abitudine alla menzogna, questi accusatori avrebbero riconosciuto, che, a forza di esagerazione, oltrepassavano lo scopo. Ma l’occhio, sturbato dal furore, non calcola le distanze e s’inganna sulle proporzioni. I partigiani del governo di Bobadilla non avrebbero avuto che un trionfo incompiuto, se non ne avessero potuto rendere testimoni i Colombi: essi manifestavano la loro gioia sulle mura della fortezza, al di sopra della prigione dell’Ammiraglio; e andavano a sonare il corno intorno alle caravelle in cui erano incatenati i suoi due fratelli3.

Intanto il processo contra i Colombi andava innanzi. Tutti si intrattenevano dei loro misfatti, ch’essi soli ignoravano ancora. Veramente non sapevano il motivo della loro prigionia. Non era

  1. Fernando Colombo, Vita dell’Ammiraglio, cap. lxxxvi.
  2. Cristoforo Colombo. — “Que al infierno nunca se supo de las semejantes.” — Carta del Almirante al Ama del principe D. Juan.
  3. Fernando Colombo, Vita dell’Ammiraglio, cap lxxxvi.