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88 libro terzo

carcerato senza processo, e di lasciare dopo di sè i suoi figli sepolti sotto l’obbrobrio con cui i suoi avversari avrebbero oppressa la sua memoria.

Colombo fu messo a bordo della Gorda, in cui si trovavano i suoi due fratelli.

Tutti e tre erano carichi di catene.

Essendo stati fidati alle cure di Alonzo Vallejo, comandante, e di Andrea Martin, padrone della caravella, i voluminosi processi fatti contra di loro, si levarono le ancore al cominciar d’ottobre.

Quantunque Alonzo di Vallejo, per essere nipote di Gonzalo Gomez di Cervantes, e protetto del vescovo ordinatore Giovanni di Fonseca, possedesse l’intera fiducia del commendatore, pur egli era uom d’onore, al dire di Las Casas, che lo conosceva intimamente e lo diceva suo amico: aveva il carattere di un vero idalgo. Vallejo soffriva internamente di vedere incatenato il maestro di tutti i navigatori, il vincitore del mar tenebroso, la cui dolce e serena dignità in mezzo a tanti affronti smentiva le odiose imputazioni sollevate contro la sua gloria. Il padrone della Gorda, il vecchio marinaio Andrea Martin, aveva in suo cuore le stesse simpatie del giovane capitano. Perciò, appena furono fuori del porto, presentatisi rispettosamente all’Ammiraglio, lo pregarono di permettere che lo sciogliessero da’ suoi ceppi1. Colombo, il quale non arrossiva per se, ma unicamente pei Re, del maltrattamento onde si era creduto vituperarlo, reso più grande dall’ingiustizia, dalla persecuzione, rifiutò quell’alleviamento a’ suoi mali: non volle, neppure a quella distanza, nella libertà dell’Oceano, e sotto la malleveria del capitano, contravvenire agli ordini dati dal rappresentante de’ Sovrani. Nonostante l’impaccio, i disagi e i patimenti che i ceppi arrecavano alle sue membra dolorate, volle conservarle, non riconoscendo altro che nei Sovrani,

  1. Quantunque poi in mare... volesse trarre i ferri all’Ammiraglio, a che egli non consentì mai... — Fernando Colombo, Vita dell’Ammiraglio, cap. lxxxvi.