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212 libro quarto

contrario l’Ammiraglio temeva di essere stato trascinato all’ovest del Capo San Michele, cosa che di fatto er’avvenuta1.

Il 2 maggio, l’Ammiraglio giunse a due isole coperte di tartarughe, e le chiamò con questo nome. Le correnti e i venti contrari li sospinsero di nuovo in mezzo ai bassi fondi dei Giardini della Regina, nonostante gli sforzi per evitarli. L’impetuosità del mare lo costrinse d’indietreggiare. Le provvigioni erano quasi esaurite. Non rimaneva altro più che un po’ di biscotto, d’aglio, d’olio, di aceto, e l’acqua entrava da tutte le parti: bisognava dar mano alle pompe notte e giorno.

In questa trista situazione una tempesta lo assalì.

L’Ammiraglio perdette successivamente in brevi ore tre ancore. A mezzanotte le gomene del San Giacomo di Palos furono spezzate, e la caravella venne a dar di cozzo con tanta violenza nella Capitana, che le fracassò la poppa. «È una maraviglia che ambedue non sieno ite in pezzi2.» Il mare continuò nemico sei giorni, in capo ai quali l’Ammiraglio ripigliò la sua via. «Io aveva già perduto, dice, tutti gli oggetti dell’alberatura, le mie navi erano traforate come un faro d’api.» Giunse a Macaca, sulla costa di Cuba, per riposarsi e procacciarsi qualche vettovaglia: di là si drizzò alla Spagnuola; ma l’impulso delle correnti e dei venti lo gettarono molto al di sotto. L’acqua entrava per tanti buchi, che, non ostante il lavoro di tre pompe, delle caldaie ed altro, mal si riusciva a liberarne le navi3.

La tempesta ricominciò.

  1. “E ancor che tutti i piloti, dicessero che noi saressimo passati al levante delle isole de Caribi, l’Ammiraglio nondimeno temea di non poter pur prendere la Spagnuola; il che se verificò.” — Fernando Colombo, Vita dell’Ammiraglio, cap. c.
  2. Cristoforo Colombo. — “Y a la media noche, que parecia que el mundo se ensolvia, se rompieron las amarras al otro navío, y vino sobre mi, que fue maravilla como no nos acabamos de se hacer rajas” — lettera ai Re Cattolici scritta dalla Giammaica il 7 luglio 1503.
  3. “Di giorno e di notte non lasciavano di seccar l’acqua in ciascuno di essi con tre trombe; delle quali se si rompeva alcuna era di mestiere, mentre si acconciava, che le caldiere supplissero, e l’ufficio delle trombe facessero.” — Fernando Colombo, Vita dell’Ammiraglio, cap. c.