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344 libro quarto

una grande influenza sullo spirito di Colombo: finalmente venne creduto che l’idea dell’esistenza di una terra-ferma situata all’Occidente, oltre le colonne d’Ercole, gli era stata suggerita da autori antichi.

Queste induzioni, di cui tanti barbassori si contentarono sino ad oggi, sfumano sottoposte ad un serio esame.

Primieramente, gli strumenti nautici conosciuti da Colombo, erano già familiari a tutti i marinari del suo tempo; molto prima ch’ei nascesse, si servivan essi della bussola, del quadrante, dell’astrolabio. La sua profondità nelle matematiche non è menomamente provata: l’illustre Humboldt lo accusa d’imperizia e di «false osservazioni nelle vicinanze delle Azzorre:» trova che Colombo «si era familiarizzato, colla pratica dei metodi di osservazione senza studiare sufficientemente le basi sulle quali sono fondati que’ metodi1:» alle matematiche trascendentali non voglionsi dunque attribuire i concetti e le determinazioni di Colombo; Colombo stesso ne fa ingenua dichiarazione.

Viene generalmente attribuita soverchia importanza ai versi della Medea, porche rinvennersi due volte copiati da Colombo: nulla prova ch’essi abbiano avuto la menoma influenza sulla sua determinazione. Que’ versi, a cui nessuno, neppur Colombo, aveva posto mente prima della grande scoperta, sono trascritti sulla brutta-copia del libro Las Profecias dopo il suo quarto viaggio, mentre languiva naufrago alla Giammaica. Ad attribuire una celebrata significazione a que’ versi valse la scoperta dell’America2.

Tetphisque novos detegat orbes,
Nec sit terris ultima Thule...
                              Medea, atto II, v. 371.

  1. Humboldt, Esame critico della storia della geografia dei Nuoco Continente, tom. III, p. 20, ediz. franc.
  2. Nella sua curiosa pubblicazione dei Viaggiatori antichi e moderni, il signor Edoardo Charton, diffidando di questa comune opinione sulla influenza dei versi della Medea, ha indicato con molta sagacia che essi non ebbero per Colombo l’importanza che loro si attribuisce; e che sino ad allora alcuno non ne avea fatto conto seriamente. — Viaggiatori antichi e moderni, tom. III, pag. 85, ed. franc.