Pagina:Cristoforo Colombo- storia della sua vita e dei suoi viaggi - Volume II (1857).djvu/455

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capitolo undecimo 435

coli debiti, soddisfare scrupoli di coscienza, e contemplare davvicino l’eternità nella quale stava per entrare. Come, in passato, un gran banchetto di famiglia soleva solennizzare la festa delle nozze, don Fernando volle celebrare con un banchetto le proprie nozze colla morte; ordinò un convito di trentatre persone, a cui fece sedere trentatrè poveri1, e li servì colle sue proprie mani, quali membri di Gesù Cristo. Quando, pel rifinimento delle forze gli venne meno la voce, il suo esempio continuo ad edificare ancora i suoi compagni.

Don Fernando, di conserva col suo amico, il licenziato Marco Felipe, che nominò suo esecutore testamentario, si occupò delle sue ultime disposizioni.

Vietò che si vestisse per lui gramaglia, stimando che bisognava piuttosto allegrarsi. Lasciò la sua ricca biblioteca al nipote don Luigi Colombo, ammiraglio delle Indie, il quale la conservò cinque anni in deposito, finchè fu trasportata nel convento di San Paolo, sotto certe condizioni. Il testatore indicava in qual maniera si potrebbe aumentarla, col mezzo del concorso de’ negozianti genovesi, che in qualità di compatriotti2, fossero per prestarsi ad agevolare la compera e il trasporto dei libri destinati alla sua biblioteca.

Don Fernando non dimentico nè i poveri, nè le Chiese, e particolarmente il convento de’ Francescani dell’Osservanza a Roma, al quale lasciò, per dir messe, tanto danaro, quanto a tutti gli altri monasteri insieme. Provvide agl’interessi de’ suoi servi, facendo ad essi un legato proporzionato alla durata del loro servizio; e combinò le cose con tal equità, che Pedro de Arana, nonostante il suo parentado, venne favorito meno di Vincenzo da Monte, entrato al servigio della sua persona otto anni prima.

Non avendo il figlio di Colombo cessato di sollevarsi a Dio in ogni istante della sua vita, fu, come suo padre, "liberato dei ter-

  1. “Despues que supo su muerte, dió de comer á 33 pobres y él mismo les sirvió á la mesa ..”— Carta de Sevilla escrita par Julio de 1539 á D. Luiz Colon, Almirante de las Indias.
  2. “.... Y porque razon de ser de la patria del fundador, le pide por merced le favorezea, etc.” — Testamento otorgado en 12 de julio 1539.