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72 | libro terzo |
fornire al capitano di mare Juan di Lescano, cinquanta Indiani scelti fra gli uomini dai venti ai quarant’anni, per menar i remi sulle galere1: e tre anni dopo, Isabella, adottando francamente l’idea di Colombo, con decreto del 30 ottobre 1503, autorizzò i suoi sudditi nelle Indie a fare schiavi tutti i cannibali di cui si potessero impadronire: potevano venderli e comprarli senza incorrere pena, perchè, diceva essa, essendo trasportati nelle nostre contrade, e i cristiani avendoli al loro servizio, saranno più facilmente convertiti e attirati alla nostra santa fede cattolica2. Dunque la causa della disgrazia di Colombo non deve cercarsi in questa spedizione di schiavi, spedizione, d’altronde, della qual egli non era autore, e contro della quale aveva anzi protestato.
La rovina di Colombo fu causata dal viaggio della Regina a Siviglia.
Se eccettuiamo l’onorevole Francesco Pinelo, tesoriere, che dal proprio isolamento veniva condannato al silenzio, a Siviglia tutti i magistrati superiori della marina e delle colonie, e con essi tutta quanta la burocrazia, non avevano che una voce contro l’Ammiraglio delle Indie. A Siviglia, l’accusa contro Colombo era cosi generale e unanime, e l’opinion pubblica pronunziata così fortemente, che questa concordanza di biasimo soffocò la difesa che avrebbero potuto presentare il bravo Michele Ballester e Garcia di Barrantes. I.a Regina medesima finì col cedere al numero.
L’abbandono della Regina fu il trionfo di Juan di Fonseca. Colombo si trovò condannato senza essere stato udito, e giudicato sulle deposizioni de’ suoi nemici.
Si giunse a provare alla Regina che l’Ammiraglio delle Indie, facendosi gioco della libertà degli Indiani, aveva donato ad ogni Castigliano uno o più indiani liberi, e innocenti d’ogni delitto, acciò ne cavasser danaro, vendendoli sui mercati dell’Andalusia. Isabella, ributtata all’idea di un simile oltraggio all’uma-