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capitolo settimo 79

dall’Alcalde Michele Diaz, quel gentiluomo aragonese, che dianzi a’ servigi di don Bartolomeo Colombo, era fuggito dopo un duello alla catalana, e aveva risaputo dalla cacica Catalina, da cui era amato, ove giacevano le miniere d’oro sulle rive dell’Ozama. Michele Diaz, sapendo le intenzioni del commendatore Bobadilla, addoppiava di vigilanza. Le porte erano chiuse e l’Alcalde trovavasi sulle mura, quando sopravenne il nuovo governatore, il quale, dopo fatta replicar la lettura de’ suoi poteri, notificò all’alcalde di consegnargli i prigionieri. Michele Diaz chiese di verificare co’ suoi propri occhi que’ poteri, e ne dimandò copia. Bobadilla rispose che non v’era da temporeggiare trattandosi di prevenire l’esecuzione di una sentenza di morte, e che si dovesse subito consegnargli i prigionieri. L’alcalde replicò, che, tenendo il suo mandato dall’Ammiraglio che aveva conquistato quelle isole, attenderebbe le sue istruzioni. Bobadilla caduto di speranza di vincere quella fermezza, si ritrasse e andò a preparare l’attacco.

ll nuovo governatore fece sbarcare i marinai delle due caravelle, li riunì ai venticinque uomini menati seco ed alla paga regia, raccolse i militari sparsi nella città, fece appello a tutti quelli che si lamentavano di Colombo, e seguito da queste schiere di malcontenti, venne a porre l’assedio a quella fortezza, la quale non aveva di pauroso altro che il nome. Bobadilla formò le sue colonne di attacco sotto l’artiglieria delle mura, che rimase muta.

La prima schiera mandata gagliardamente contro la porta principale, gli diede tale scossa che i suoi cardini ne furono smossi, i catenacci si ruppero, la serratura in breve cedette, e l’entrata fu inaspettatamente libera, mentre si appoggiavano le scale contra i bastioni, e si cominciava un assalto inutile, poiché già la porta maggiore era aperta. Durante questo simulacro di assalto, due soli uomini erano apparsi colla spada in mano, pronti a combattere, l’Alcalde Michele Diaz e Diego di Alvarado, segretario dell’Ammiraglio. ll governatore trionfante, fece un’entrata romorosa nell’aperta cittadella, comandò che i prigionieri, che si erano trovati racchiusi in una sala incatenati,