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390 libro secondo


§ II.


L’ammiraglio continuò la sua marcia vittoriosa in più parti dell’Isola, mantenendo fra’ suoi soldati la disciplina militare, mostrandosi giusto agli indigeni, cui la sua presenza, d’altronde, proteggeva da ogni insulto. Indi, per guarentirsi da nuove cospirazioni dei cacichi, risolvette di costruire tre altre fortezze nelle località più importanti della Vega: ne disegnò il piano, e lor diede i nomi di Catterina, di Speranza e di Concezione: quest’ultima, sopratutto, doveva essere formidabile. Eccettuato Behechio, cognato del Signore della casa d’oro, il quale se ne rimaneva tranquillo nella sua lontana dimora, i gran cacichi avevano fatto la loro sommissione, e si offrivano di pagare un tributo alla Castiglia: aspettavansi qualche contribuzione in vegetabili od in giornate di lavoro per le costruzioni intraprese dagli Spagnuoli.

Ma il tesoro della Castiglia voleva essere ristorato delle spese anticipate per le due spedizioni. L’ammiraglio doveva provare che il padre Boil, Firmin Zedo, il saggiatore di metalli, Pedro Margarit e lo sciame de’ disertori mentivano fatti ed evidenza. Mandar oro era il modo di incoraggiare i Re a proseguire la scoperta delle regioni sconosciute, e di raccogliere il prezzo del riscatto de’ Luoghi Santi. Colombo decreto, pertanto, la seguente imposta: ogni abitante del distretto di Cibao e della Vega, di quattordici anni compiuti, doveva ogni tre mesi pagare al ricevitore dei diritti regi una quantità di polvere o di granelli d’oro da capire in un sonaglio da falco: solo il guercio Manicatex, fratello del Signore della casa d’oro, era, inoltre, obbligato di pagare, ogni tre mesi, una misura d’oro, che rappresentava il valore di circa cinquecento scudi. Nelle provincie che non possedevano miniere, il tributo trimestrale consisteva in venticinque libbre di cotone per ogni persona. Guarionex, re della Vega, offrì di pagare le sue imposizioni in cereali invece d’oro, sotto il pretesto che i suoi sudditi non sapevano raccoglierlo ne’ fiumi de’ suoi stati.