Pagina:Cuoco, Vincenzo – Platone in Italia, Vol. II, 1924 – BEIC 1793959.djvu/182

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contrario, potran conquistare quanto vorranno e nell’Etruria e nelle Gallie: la nostra amicizia giova loro, onde non abbiano a combattere due nemici al tempo istesso. E difatti, se noi avessimo potuto indurci una volta sola a mover le nostri armi contro Roma di concerto coi Galli, per certo che oggi il passaggiero, soffermandosi sui colli che circondano il Tevere, direbbe: — Qui fu Roma. — Ma noi (né di ciò me ne duole) ha tenuto sempre lontani dalla lega de’ Galli l’amor della patria e la favella, la religione, i costumi, l’indole diversa; e, lungi dall’unirci ad essi per offender Roma, quell’avanzo dell’esercito di Brenno, che si salvava per la via dell’Apulia, abbiam battuto e distrutto <*>. Ecco dunque un vantaggio grandissimo, che Roma ritrae dall’amicizia nostra. Ma, se Roma, superata una volta l’impraticabile selva Ciminia, conquista terre sugli etrusci, sugli umbri, sui Galli, saremo noi invitati, potremo noi esser a parte delle sue conquiste in terre tanto lontane? Ed ivi per i romani sará facile il vincere, facilissimo il conquistare, non trovando altro che popoli o deboli, quali sono gli etrusci e gli umbri, o male ordinati, quali sono i Galli. Da qual parte dell’Italia potremo noi conquistare, e con eguale facilitá, altrettanto? I popoli, che circondan il Sannio all’oriente ed al settentrione, hanno armi ed ordini e ragion pubblica, hanno amicizia cogli altri popoli dell’Italia; e sará difficile imprender la guerra con uno senza averla al tempo istesso con molti. La nostra ambizione è giá nota. I popoli stessi, che abbiamo conquistati, non sono piú nostri amici. Stanchi per la maggior parte del nostro duro governo, gli appuli, che giá desideravano la nostra protezione, ora abborrono la nostra signoria <*); male inevitabile ogni qualvolta debole è il vincolo che unisce le varie parti dello Stato, invalido l’aiuto delle leggi, e le provincie si dánno ad amministrare piuttosto come un patrimonio di pochi privati potenti che come un patrimonio del popolo intero. E non è improbabile né molto lontano che questi popoli reclamino un giorno la (1) Vedi Grimaldi, Annali , v, 2. (2) Livius, vii, vili, ix, passini.