Pagina:Cuoco, Vincenzo – Scritti vari- Periodo napoletano, 1924 – BEIC 1796200.djvu/197

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3. Finalmente è da osservarsi che il prodotto de’ grani diventa di giorno in giorno minore. Ho detto che questa coltivazione ha distrutte tutte le altre: ora aggiungo che, pel cattivo metodo col quale si è praticata, ha distrutta anche se stessa. Le terre coltivate a grano ed a grano d’india, senza concime, perché non vi è pastorizia, senza ruota agraria, si sono interamente sfruttate, ed oggi ce ne sono molte nelle parti montuose della provincia, le quali negli anni fertili dánno il quattro o il cinque per uno: prodotto ben miserabile e che di giorno in giorno diventerá anche minore.

Ha compiuta la rovina l’ostinata coltivazione del grano d’india, a dispetto di tutti gli elementi che si ricusano a tale derrata, tranne in alcuni luoghi piani ed irrigabili, quali sono le pianure di Sepino, Boiano, Carpinone, ecc.

L’ostinazione a voler coltivare sempre cereali, e soli cereali, e la mancanza di ogni buon metodo di agricoltura ha fatto si che in questa provincia si tengano in gran pregio le terre nuove e non ancora dissodate: quindi la smania di dissodare e di scuotere tutti li boschi, di smovere le terre di tutt’i monti. Pochi anni di fertilitá illudono e producono una sterilitá di molti secoli. Dopo cinque o sei anni, queste terre diventano simili a tutte le altre, e si debbono coltivare egualmente un anno a grano, un altro a grano d’India, ed un terzo si debbono tenere in riposo. Il grano nelle annate medie dá il cinque per uno: altrettanto negli anni medi si può calcolare che dia il grano d’India, detraendone gli anni sterili, che nella coltivazione del grano d’India sono piú frequenti che in quella del grano: talché il prodotto delle terre si può ragguagliare al tre e mezzo per uno, dai quali, dedotta la semenza, rimangono appena due o due e mezzo per uno. Questo calcolo sembra spaventevole, ma pure è vero. Per ragione di questa coltivazione, l’aspetto fisico della provincia si è interamente cangiato. Quasi tutti i boschi sono stati distrutti, e, quasi si avesse voluto operar sempre contro la natura, si sono distrutti piú boschi ne’ monti che nelle pianure. La montagna di Frosolone, la seconda montagna della provincia dopo il Matese, cinquant’anni fa era folta di alberi: oggi non