Pagina:Cuoco, Vincenzo – Scritti vari- Periodo napoletano, 1924 – BEIC 1796200.djvu/205

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Questi fondi comunali, cosí occupati e coltivati, formano un terzo delle terre del Regno. Coloro che li hanno coltivati non sono baroni, non sono prepotenti: sono i cittadini piú utili dello Stato, perché i piú industriosi: son coloro i quali, siccome dicono gl’imperatori Valentiniano, Teodosio ed Arcadio, han saputo riunire l’utilitá privata alla pubblica. Ebbene a costoro, ad un quarto della popolazione del Regno, oggi si dice: — Uscite da quelle terre che legittimamente avete acquistate, che legittimamente avete finora possedute e coltivate, che sono ancora bagnate dal sudore de’ vostri padri! — Si sperava che il nuovo ordine di cose avesse convertita in proprietá quella che era semplice colonia, che l’avesse esentata dalla servitú civica, che avesse convertita in canone pecuniario la prestazione del terraggio, che insomma avesse protetta l’agricoltura e l’industria. Vani sogni! Per un quarto della popolazione del Regno: — Uscite! — I Gracchi, almeno, si limitavano a voler dividere i terreni usurpati, que’ terreni per li quali i grandi di Roma non pagavano nulla al pubblico, ed avevano usurpato senza titolo. E pure i Gracchi con la legge agraria sovvertirono Roma; e le leggi agrarie sovvertiranno qualunque societá civile. Oggi si fa di piú: si vogliono togliere le terre occupate secondo le leggi, e non occupate ma quasi censite con una prestazione annua e riconosciuta per secoli! E perché? Per far dei nuovi proprietari. Ma, quando questi nuovi proprietari si fanno a spese degli antichi, allora si distrugge l’antica e la nuova proprietá. Nasceranno gli altri che si troveranno senza terra, e vorran distruggere anche essi quello che abbiam fatto noi. Non vi è proprietá senza il principio fondamentale della presunzione nascente dal possesso.

E perché poi far tutta questa sovversione di proprietá? — Per vantaggio delle comuni? No, perché coloro i quali attualmente possedono e coltivano i terreni, non li possedono gratuitamente, ma ne pagano al comune un canone: cosicché al comune importa poco che questo canone l’esiga dal vecchio o dal nuovo colono. — Per vantaggio del governo? No, perché, qualunque sieno le disposizioni che si voglia prendere sui demaniali delle