Pagina:Cuoco, Vincenzo – Scritti vari- Periodo napoletano, 1924 – BEIC 1796200.djvu/32

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si scancellano, non sono giá quelle che prima abbiam ricevute, ma bensí le ultime. Obbliamo ciò che ci è avvenuto la mattina; ma rammentiamo tenacissimamente tutt’ i piú piccioli accidenti della nostra infanzia.

Questa osservazione ci conduce ad un’altra egualmente importante, e che giá precedentemente abbiam fatta, cioè di regolare l’istruzione artificiale in un modo analogo al naturale sviluppo delle nostre facoltá. Vi sono alcune scienze, nello studio delle quali predominano molto l’immaginazione e la memoria e che bisogna studiare nell’adolescenza. Tali sono la geografia e la storia: scienze che han pochissima analogia colle occupazioni ordinarie della vita, e che in conseguenza, se non si apprendono nell’adolescenza, per l’ordinario si trascurano, ma che intanto è dannoso e turpe l’ignorare.

L’istruzione media dunque: i. accrescerá i mezzi d’istruzione per coloro i quali vogliono progredire nelle scienze; 2. insegnerá quelle cognizioni che sono piú utili a sapersi da coloro i quali, abbandonando il corso degli studi, ritornano nel seno delle loro famiglie.

Seguendo questi principi, le lezioni che appartengono all’istruzione media possono esser le seguenti: i. Lingua italiana, latina, greca. — Il linguaggio non è solamente la veste delle nostre idee, siccome i grammatici dicono, ma n’è anche l’istrumento.

La prima lingua, che noi dobbiam sapere, è la propria. La educazione de’ nostri collegi dava troppo ed inutilmente allo studio grammaticale delle lingue morte. Le lingue non si possono apprender bene per via di grammatiche e di vocabolari : lo avverte il notissimo proverbio: «Aliud est grammatice, aliud latine /ogni», e l’esperienza giornaliera lo conferma. I precetti della grammatica in ogni lingua sono pochi e semplici; e tra le grammatiche la piú breve è sempre la migliore. Lo studio della lingua, e non giá della grammatica, deve esser lungo; ma ogni studio soverchio, che si dá alla grammatica, è tolto al vero studio della lingua, la quale non si apprende se non colla lettura e retta imitazione de’ classici.