Pagina:Cuoco, Vincenzo – Scritti vari- Periodo napoletano, 1924 – BEIC 1796200.djvu/431

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formato, fu trasferita alla via di Chiaia, n. 84, e il 4 maggio 1808 in via Sant’Anna di Palazzo, n. 5, e il 17 gennaio 1809 al Largo del Castello, n. 20.

Pur dovendo parlare non piú a tutti gli italiani, ma soltanto agl’«italiani del Regno di Napoli*, il Corriere fu pel Cuoco come una continuazione del Giornale italiano, sul quale, salvo nella precedenza alle notizie del Regno su quelle estere, egli lo modellò esattamente. E analoga fu, del pari, la divisione del lavoro. Il Taddei, cioè, s’occupava della cronaca e, abitualmente, degli spettacoli ; il Cuoco, oltre che della direzione, degli articoli politici, scientifici e letterari e delle recensioni. Veramente, eccetto qualche raro articolo comunicato, recante una volta o due la firma di Michele Torcia e piú spesso le sigle «M. T.», sotto cui, come si desume dal contenuto, si celava il botanico napoletano Michele Tenore (1780-1861), notizie, articoli, recensioni e resoconti teatrali sono, nel Corriere, tutti anonimi. Ma distinguer la mano del conciso, profondo e disinvolto Cuoco da quella del retore, superficiale e semfier abbas Taddei è cosa tanto piú agevole, in quanto il primo soleva prender gli spunti dei suoi articoli dal Saggio storico, dal Giornale italiano, e particolarmente da altri scritti del periodo napoletano e dal Platone in Italia. Ecco, per esempio, fin dal primo numero un articolo sulla legge eversiva della feudalitá, nel quale ritornano molte idee del capitolo ventesimoquarto del Saggio , e le eterne controversie tra baroni e comuni son definite, tal quale come nel Viaggio in Molise, «guerra piú che civile»(«). Ecco ancora, nel n. 6, una Varietá, che comincia con una di quelle citazioni greco-romane cosí care al Cuoco («Pompeo diceva: Tu vuoi che, armato qual sono, io pensi alle leggi?»), e in cui, dopo essersi riecheggiato il Saggio («Carolina, guidata da un ministro straniero, non curante la felicitá di questo paese, lo fa cadere in una debolezza», ecc. ecc.), si attinge al Platone («Le patrie di Timeo, di Filolao, di Alcmeone, di Ocello divennero deserti», ecc. ecc.)(*). Ecco inoltre, nel n. io, un’altra varietá su Sibari, eh’è un riassunto delle lettere XXIX e LXXIV del Platone e di un frammento superstite delle Osservazioni sulla storia d’Italia anteriore (t) Presente voi., p. *55 e cfr. p. 200. (2) Pres. voi., p. 256.