Pagina:Cuoco, Vincenzo – Scritti vari- Periodo napoletano, 1924 – BEIC 1796200.djvu/92

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della giurisprudenza didattica o positiva. Ma la volontá del legislatore spesso ha bisogno d’interpretazione; spesso se ne può ricercare l’origine e la ragione: quindi la giurisprudenza esegetica ed istorica. Finalmente tutte queste cognizioni non possono nella persona del giureconsulto rimanere inoperose, ma debbonsi applicare al fatto: quindi l’ultima parte della giurisprudenza, la polemica. Noi riteniamo la positiva e la polemica. L’istorica e l’esegetica ci sembran essere un’istessa cosa. Difatti, ad interpretare una legge, non occorrono che tre cose: lingua, filosofia ed istoria. Ci sia permesso dunque di seguire un’altra partizione degli studi di giurisprudenza, fondata sopra i seguenti principi. La giurisprudenza ricerca o la cognizione positiva della legge o la ragione della medesima o l’applicazione: quindi la giurisprudenza positiva, filosofica, polemica. La giurisprudenza universale è la morale di tutti i popoli. Al pari di ogni morale, essa si occupa del giusto e dell’utile, ma di quell’utile vero e durevole che non è mai scompagnato dal giusto, e che talvolta par che modifichi le massime particolari della giustizia per conservarne la massima generale, che è la salute pubblica. Alla giurisprudenza generale, in quanto si occupa del giusto, si è dato da molto tempo il nome di «diritto di natura e delle genti»: alla seconda parte si è dato, per antonomasia, il nome di «legislazione». . Ma forse da questa divisione è nato piú male che bene, e si è verificato il savio detto di Socrate, il quale credeva reo di delitto capitale colui che primo avea separato l’utile dall’onesto. Da questa separazione n’è nato che il diritto di natura è diventato un aggregato di vane speculazioni inutili per la condotta della vita. Han disputato tanto gli scrittori del medesimo su quello che essi chiainavan «principio conoscitivo», quasi che fosse necessario di esservene un solo, quasi che tutti quelli che si sono imaginati, e si potrebbe imaginare, non si riducessero alla sociabilitá. I doveri dell’uomo solo, filosoficamente parlando, dipendono dalla natura dell’uomo; i doveri dell’uomo verso gli altri dipendono dai rapporti che vi sono