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xlvii - disfatta di marigliano 185

ministro che s’inviassero i francesi. — I francesi — si rispondeva — non sono buoni a frenare l’insorgenza; — e si diceva il vero1.

— Vi anderanno dunque i patrioti? — I patrioti faranno peggio. — Ma intanto il pessimo di tutt’i partiti fu quello di non prenderne alcuno; ed il piú funesto degli errori fu quello di credere che il tempo avesse potuto giovare a distruggere l’insorgenza.

Il ministro della guerra diceva sempre al governo che egli si occupava a formare un piano, che avrebbe riparato a tutto. Prima parte però di ogni piano avrebbe dovuto esser quella di far presto.

Si disse al ministro che avesse occupata Ariano, e non curò farlo; se gli disse che avesse occupata Monteforte, e non curò farlo; se gli disse che avesse occupata Monteforte, e non curò di farlo. Manthoné credeva che il nemico non fosse da temersi. Fino agli ultimi momenti ei lusingò se stesso ed il governo: credeva che i russi, i quali erano sbarcati in Puglia, non fossero veramente russi, ma galeoti che il re di Napoli avea spediti abbigliati alla russa. Gl’insorgenti erano giá alla Torre, lo stesso Ruffo co’ suoi calabresi era in Nola, Micheroux co’ russi era al Cardinale, Aversa era insorta ed aveva rotta ogni comunicazione tra Napoli e Capua; ed il ministro della guerra, a cui tutto ciò si riferiva, rispondeva non esser altro che pochi briganti, i quali non avrebbero ardito di attaccar la capitale. Quale stranezza! Una centrale immensa, aperta da tutt’i lati, il di cui popolo vi è nemico, a cui dopo un giorno si toglie l’acqua e dopo due giorni il pane!...


XLVII


DISFATTA DI MARIGLIANO


Ma chi potea smuovere il ministro della guerra dall’idea di difendere la repubblica nella centrale? Egli volle anche difenderla in un modo tutto suo. Non impiegò se non picciolissime forze,

  1. Per le ragioni dette di sopra, cioè che contro gl’insorgenti poco vale l’armata, ma si richiedono le piccole forze e permanenti.