Pagina:Cuoco - Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799, Laterza, 1913.djvu/261

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frammento quarto 251

re; ma molto strane e ben oscure sono le funzioni che loro si attribuiscono: una volta sono fiscali delle parti, una volta fiscali del tribunale, una volta presidenti; talora han troppo di potere, talora ne han troppo poco: la costituzione è sempre in balia degli uomini.

Amo che il potere esecutivo abbia una parte nei tribunali, ma questa parte dev’esser quella che avea il pretore in Roma, e che presso a poco nell’abolita nostra costituzione avea il presidente. Quando si analizza un giudizio, vi si trovano tramezzo molti atti i quali non appartengono al potere giudiziario. Tale è, per esempio, la destinazione del giudice, la quale non troppo ragionevolmente si affida alla sorte; tra perché la sorte non distribuisce equabilmente gli affari, e potrebbe gravar soverchio uno de’ giudici, mentre l’altro rimarrebbe ozioso; tra perché non ha verun riguardo al merito del giudice, il quale è talora maggiore, talora minore, talora piú atto ad un affare che ad un altro. In Roma il pretore destinava i giudici: le parti però aveano il diritto o di sceglierli consentendo, o di ricusarne un data numero. Questo metodo mi pare molto migliore della sorte.

A questo proposito, ti dirò anche che non mi piacciono molto que’ rapportatori, i quali son sempre gli stessi per tutte le cause. Mi piace piú l’antico sistema dei nostri commissari; sistema in cui, essendo tant’i rapportatori quanti sono i giudici, piú sollecito viene ad esser il disbrigo degli affari.

Il pretore in Roma non solo destinava il giudice, ma dava anche l’azione; azione che neanche è parte del giudizio, ma solo un invito al giudice perché vegga se una data legge sia adattabile ad un dato fatto, nel che propriamente il giudizio consiste. I presidenti de’ nostri tribunali per lo piú hanno diritto di dar il loro voto ne’ giudizi, mentre non dovrebbero averlo; e non danno l’azione, perché né azione né regolaritá di giudizio vi è piú tra noi. Nel nuovo sistema si è voluto dare al commissario del governo un diritto quasi equivalente a quello di dar l’azione. Ma l’istanza che egli deve fare, avendo luogo solo nel fine della procedura, non produce piú il vantaggio di renderla regolare; e, non avendo noi formole solenni di azioni,