Pagina:D'Annunzio - Canti della guerra latina, 1939.djvu/175

Da Wikisource.

zattere, lo spezzator di catene, a cui furono armi fedeli lo sperone diritto e l’anima ignuda.

52. Qual passo è da forzare? qual porto da violare? qual corazza da fendere? È pallido. Gli ruppe nel sepolcro i sonni e le glorie l’eroe di Premuda.

53. «Ali! Ali! Ali!» grida non il vittorioso che balza dalla tomba all’appello, né la giovine cerna anelante, né la folla dal piè di tempesta;

54. ma la stessa vittoria che, come quella d’Atene, non ha negli òmeri penne e non migra, sì arma la sua specie nei cieli a miriadi e con noi resta.

55. Resta con noi sul Piave, resta con noi su la Marna, con noi su i santissimi fiumi, con noi sopra i monti sublimi, con noi dove le è suora corporale la morte.

56. O Liberatrice, il tuono è incessante. Il fragore lacera il cielo come un velario che si ritessa. La nube infame acceca e soffoca la battaglia. Il coraggio ansa e soffre. Tutto è martirio celato. Ma la tua statura è più alta, ma la tua voce è più forte.