Pagina:D'Annunzio - Canti della guerra latina, 1939.djvu/198

Da Wikisource.

O mio compagno sublime, perché t’ho io deluso?
e perché fu ingannata l’anima? Avevo chiuso
165te nell’arca e la mia speranza,
tra i cipressi di Aquileia. Silenziosamente
avevo teco bevuto l’acqua senza sorgente
e celebrato l’alleanza.
 
Risorto sei tu dall’arca, fra il croscio dei cipressi.
170L’arcangelo del mio nome, nel dì del Resurressi,
ha scoperchiato il sasso cavo.
E tu, Dioscuro, franco del cavallo e dell’asta,
sei ridisceso a lavare dal lutto la tua casta
forza nel lustrale Timavo.
 
175Ma dov’era il tuo fratello? la sua forza dov’era?
Non l’avevano raccolto dentro la tua bandiera
stessa i compagni di ardore.
Non il suo corpo abbronzato sul rottame fumante
dell’ala avevan disteso, né con le foglie sante
180coperto il nudato suo cuore;
 
né veduto di tra le foglie dell’alloro pugnace
ardere subitamente nel profondo torace
un fiore perfetto di fuoco.
Eroe, tu m’attendi invano sul tuo fiume lustrale.
185Ma, se la vita è mortale, se la morte è immortale,
in te vita e morte oggi invoco.