Pagina:D'Annunzio - Canti della guerra latina, 1939.djvu/58

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31. O Aquileia, donna di tristezza, sovrana di dolore, tu serbi le primizie della forza nei tumuli di zolle, all’ombra dei cipressi pensierosi.

32. Custodisci nell’erba i morti primi, una verginità di sangue sacro, e quasi un rifiorire di martirio che rinnovella in te la melodia.

33. La Madre chiama; e in te comincia il canto. Nel profondo di te comincia il canto. L’inno comincia degli imperituri quando il divino calice s’inalza. Trema a tutti i viventi il cuore in petto. Il sacrificio arde fra l’alpe e il mare.

34. Dice l’antiste: «L’acque se ne vanno via dal mare, e i fiumi si seccano e si asciugano. Così, quando l’uom giace in terra, ei non risorge. Finché non vi sien più cieli, i morti non si risveglieranno, e non si desteran dal sonno loro.»

35. Risponde il canto: «O Patria, ecco, noi siamo in piè, se tu di noi ti ricordi. Se tu ci chiami ancóra, eccoci alzati. Siamo le tue ossa e la tua carne. Conta il nostro numero nel tuo numero; e ricombatteremo.»