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44 il libro delle vergini


Ella ora doveva vestirsi in festa: la gente nelle vie l’avrebbe guardata passare. Una furia di vanità sùbito la prese: si chiuse nella stanza, cercò in fondo alla cassa le vesti più chiare. Un odore acuto di canfora saliva da quei vecchi tessuti conservati là dentro per anni; erano grandi gonne di seta a fiorami, verdi e violette e cangianti, che nel vecchio tempo la crinolina avea forse gonfiate in torno alle anche di una sposa novella; erano lunghi busti con màniche ampie, mantelline color di tortora orlate di merletti bianchi, veli intrecciati di fili di argento, collari di tela fina ricamati a giorno; tutte cose morte per l’uso, goffe, macchiate dall’umido.

Giuliana sceglieva, come guidata da un nuovo istinto, profumandosi di canfora le mani nel cercare. Tutta quella seta inutile e quei veli la irritavano; non trovava alfine nulla che le andasse alla persona. Chiuse la cassa irosamente, la respinse sotto il letto con un urto del piede. Le campane suonavano per la terza volta. Ella si mise in furia il consueto abito triste color di cenere, in conspetto di Camilla, mordendosi le labbra per ricacciare in giù le lacrime.

Le campane chiamavano. Per le vie i fasci delle palme mettevano un mobile luccicore argenteo; da ogni gruppo di villici sorgeva una selva di ramoscelli; e una candida clemenza di benedizione cri-