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Pagina:D'Annunzio - Laudi, II.djvu/70

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DELLE LAUDI - LIBRO

Ei squassa l’aspre      chiome della fortuna
235in pugno e fa      d’ogni uomo una virtù,
una virtù      d’ardore ch’ei conduce
col suo sorriso      terribile nell’ultimo
impeto al cuor      d’un astro. E l’armatura
della sua possa      è il suo sorriso; e ovunque
240risplenda, quivi      è il prodigio; e nessuno
lo vede senza      vedere un dio nel suo
cielo; e beato      colui, quasi fanciullo,
che primamente      lo vede nella luce
e tra le spiche      ucciso cade giù.

XI.

245
O
VERITÀ      cinta di quercia, quando

canterai tu      per i figli d’Italia,
quando per tutti      gli uomini canterai
tu questo canto?      Ecco il pane spezzato
sotto l’olivo,      prima della battaglia;
250ecco irto d’armi      il colle di sì grande
nome, nomato      il Pianto dei Romani, [Le sette Vittorie]
aspro di sette      cerchi, balzo di Dante,
per ove gridan      come stuol di selvagge
aquile sette      Vittorie disperate;
255Alcamo in festa,      Partinico fumante;
l’avida sosta      della falange, al Passo
di Renna, in vista      della Conca e del Mare;


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