Pagina:D'Annunzio - Laudi, III.djvu/139

Da Wikisource.
TERZO - ALCIONE


O Dafne, sempre il dio e l’uom cantando
non vorranno altro onor che un ramoscello
385di te! Così l’Arco-d’-argento, quando
ha placato il suo cuore nell’immenso
inno, pago si giace sotto il sacro
lauro ad attendere il suo dì novello.
Cade la notte. Sul sonno divino
390l’arbore luce d’un baglior sanguigno,
qual bronzo che si vada arroventando.

Scorre la notte. Tra l’Olimpo e l’Ossa
una stella tramonta e l’altra sale.
Misteriosa l’arbore s’arrossa
395ma sul suo fuoco piovon le rugiade.
Sogna il Cintio la desiata bocca
di Dafne, e balza il suo cuore immortale.
E’ l’alba, è l’alba. Il dio si desta: un grido
di meraviglia irraggia tutto il lido.
400Brilla di rose il lauro trionfale!"

IV.

E
COSÌ della rosa e dell’alloro

parlò quell’Aretusa fiorentina,
mutevole onda con un viso d’oro.

la sua voce era come acqua argentina
405che recasse lavandula o pur menta
o salvia o altra fresca erba mattutina.


- 129 -