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notturno 173


E rimango solo davanti all’imagine della mia miseria.

E incomincia la trasformazione.

La tristezza umana è divenuta una materia plastica. Non so qual pollice misterioso la modelli incessantemente.

È il mio viso, come nello specchio, come nella luce vivida, ma carico di una vecchiaia quale non patì mai alcun essere perituro. Da qual fondo di dolori e di colpe mi ritorna? Quanti anni di servitù hanno solcato quella fronte? quanti anni di fatica hanno aggrinzito quella gota? quanti anni di stanchezza hanno avvizzito quelle labbra?

Ringiovanisco, d’un tratto, con un aspetto tirannico e folle. L’alito mi fumiga e luccica tra i denti taglienti, come se mi fossi intossicato di fosforo.

Rapidamente la materia si deforma, mostruosa, come in una successione di spere concave e convesse.