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san làimo navigatore. 371

raggiunta la preda, giacquero sulla schiena dibattendosi. Un subito grido di gioia e di stupore corse per le genti; e tutte lungo il cammino, cantando nel loro idioma, ripetevano una parola: — Mahadewa! Mahadewa!

Come il trionfo giunse alle rive del gran fiume, ove mille templi facevano un immenso adunamento di colonne e di statue, al novello dio i sacerdoti mostrarono una scala di porfido sagliente per una reggia, costruita di mattoni e di calce.

Era un edifizio quadrangolare, composto di tre piani con intervalli adorni di rilievi di pietra. I terrazzi, aventi una lunghezza di centocinquanta piedi, sostenuti da ventidue pilastri, portavano sculture di corpi umani, di tigri, di elefanti e di buoi. Ad ogni lato dell’edifizio stava confitta nel suolo una larga pietra in forma di testuggine: e alla sommità, in torno a un serbatoio di acque, si torcevano quattro tubi di bronzo in forma di serpi. Scale di porfido si slanciavano rapide a riunire le moli, discendevano, salivano, tra mille proboscidi zampillanti; le sale ricevevano il giorno dall’oro delle pareti; i giardini avevano fiori vermigli, larghi in giro più di otto piedi, che pesavano quindici libbre, e frutti di cui la polpa succulenta poteva far sazi tre schiavi.