Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. I, 1918 – BEIC 1797111.djvu/131

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sentimento di tenera parzialitá per un compositore, da cui mi erano derivati i primi raggi di pace e di gloria teatrale, fosse il desiderio di abbattere d’un colpo mortale i miei ingiusti persecutori, o fosse alfine la natura dell’argomento, per sé poetico e dilettevole, io ho finita quell’opera in trenta giorni, e il bravo maestro ne fini a un tempo stesso la musica. Aveva osato unire, come giá dissi, in questo libretto i principali cantanti della compagnia. I bigelli italiani, torbidi generalmente e inquieti, mossero le solite liti al compositor della musica, prima ancor di ricevere le loro parti. A me non potevan muoverne, non sapendo ch’io fossi l’autore delle parole, e per quella volta tanto sic me servavit Apollo.

Appena si distribuiron le parti, che parve scatenato l’inferno Chi aveva troppi recitativi, chi non n’aveva abbastanza; per uno l’aria era troppo bassa, per un altro tropp’alta; questi non entrava ne’ pezzi concertati, quegli ne dovea cantar troppi; chi era sacrificato olla prima donna, chi al primo, al secondo, al terzo ed al quarto buffo: il foco era generale. Si diceva però (e questo, credendo di dar martello si a Martini che a me, cui non credevan autore de’ versi) che la poesia era vaghissima, i caratteri interessanti, il soggetto del tutto nuovo: che il dramma finalmente era un capolavoro, ma la musica debolissima e triviale. — Imparate, signor Da Ponte — mi disse un di seriamente certo cantante, — come si scrive un libretto buffo. — Si può pensar facilmente coni’io rideva. Fece alfine questo vulcano la sua eruzione. Rimandarono quasi tutti la parte al copista, e gli commisero di dire al Martini che quella sorta di musica non era da loro e che non volevan cantarla. Il capopopolo della congiura era il primo buffo, che odiava particolarmente il compositore spagnuolo, come quello che dalla sua infedel dulcinea era guardato con occhio tenero. La novella di quella teatrale rivoluzione giunse all’orecchio di Cesare, il quale mandò sul fatto per Martini e per me, e ne chiese conto di tutto. Osai assicurarlo che né i cantanti erano mai stati esposti in alcun altro spettacolo con piú vantaggio di quello ch’erano nel mio dramma, né Vienna aveva forse udita prima