Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. I, 1918 – BEIC 1797111.djvu/149

Da Wikisource.

diversi Amorini, eh’erano mandati da Venere e da Cupido, per presentar rose e mirti agli sposi; ma, nell’atto di presentarli, appariva Minerva, s’opponeva all’offerta di tali fiori, e pretendeva che meglio convenissero agli sposi ed a’ pari loro gli olivi di Minerva e gli allori di Apollo. Fra tal contenzione Flora scendea dal suo piedistallo, e, levandosi la ghirlanda di testa, inginocchiavasi davanti alla regina, madre delle spose, e, cantando un’aria dolcissima, a lei presentavala. Ma la regina, baciandola in fronte, rimettevala aH’otTeritrice, non come dea, ma come cantante.

L’effetto di questa cantata fu mirabile. Il principe Auesperg ne fu si contento, che la domane fece de’ ricchi presenti a tutti i cantanti; ed a me mandò una bella cervetta colle corna coperte d’una lama d’oro, una scatola del medesimo metallo e una borsa con cinquanta zecchini.

Non andò cosi la faccenda col marchese italiano. Diede egli il carico della cantata a Peticchio, suo coinpatriotta, e questi o pregò di fare o fu pregato da un certo abate Serafini d’impiegarlo a far le parole. Questo signor abate, per esser segretario d’ambasciata del ministro di Lucca, credeva forse esserlo delle muse; ma in veritá era tanto poeta quanto io generai d’armata, e, dopo d’aver composto, a forza di dita e d’aritmetica, questi due versi:

Da quel fatai istante che ti perdei nell’onde (0, perdé, insieme col povero Ferdinando, anche l’estro e la lira: volle far credere d’aver la febbre, e piantò come un cavolo il maestro per piú di due settimane, senza piú dargli un sol verso. Non mancavano che tre giorni alla festa, e, non trovando altro ripiego, s’ebbe novellamente ricorso a me. Il marchese del Gallo ansiosamente venne a tiro sei alla mia casa, mi fece un preambolo ministeriale, e insieme l’onore di «supplicarmi» (1) Napoli parla col re ch’era partito per Vienna.