Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. I, 1918 – BEIC 1797111.djvu/150

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d’assisterlo. Io non ho mai amato cozzar co’ grandi. Gli risposi che m’era grata cosa il servirlo. Farti esultante, mandò Peticchio da me, e in trentasei ore ho latto una cantata nuova per musica vecchia, che piacque e quanto alle parole e quanto alla musica. Forse era lavoro d’ahri maestri, ma, s’era di Peticchio, era veramente la sola cosa buona ch’ei fece. Il signor marchese ne parve contentissimo, e due di dopo volle darmi de’ segni di sua liberale «munificenza». Mi mando una lettera di due pagine, in cui v’acchiuse una cedola di cinquanta fiorini (cinque ghinee!), ch’io immediatamente regalai al portatore.

Il signor marchese ne fu offeso. Era questo signor Gallo carissimo alla corte; era giovine, bello, ben fatto e d’uno spirilo vivacissimo. Ma la generositá non va sempre unita a tai pregi. Dissimulò tuttavia e venne di nuovo a trovarmi. La sua visita non mi sconcertò; e, prima ch’ei nulla dicesse, gli parlai cosi: — Signor marchese, l’onore che mi ha fatto e il buon esito del mio zelo si pagano a vicenda, e, mandandomi cinquanta fiorini, Ella feri mortalmente il mio amor proprio, che non s’aspettava che un «Bravo Da Ponte!», il quale, uscendo da una bocca si rispettabile come la sua, avrebbe valuto piú che tutto il danaro del mondo. Li diedi perciò ad un de’ suoi servi, che non conoscerebbe il pregio di queste parole, ma che conosce quello dell’oro. — Signor Da Ponte — rispose egli, — io son mortificatissimo. Ella mi dica almeno se v è cosa al mondo ch’io far possa per lei. — Volea parlargli di Leopoldo, lo mi era giá accorto che quel sovrano era sdegnato con me. Ma, come mi parve dagli occhi di quel cortigiano ch’egli non fosse sincero, cosi credei che fosse assai meglio non avvilirmi, e quindi soggiunsi che non credea veramente eh’alcuna cosa occorressemi. Tacque per pochi istanti; poi, cavando un orologio d’oro di tasca: — Almeno — diss’egli — le piaccia accettare questa mostra, come una memoria della mia riconoscenza. — Non valea molto piú di cinquanta fiorini, ma non osai rifiutarla, e la regalai poche ore dopo alla versi-spirante mia musa. L’effetto di questa temeritá fu per me fatalissimo. Il marchese del Gallo divenne da quel