Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. II, 1918 – BEIC 1797684.djvu/214

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dove Eufrosine, Flora ed Apollo, per gioir dell’aurette odorose, ginn cogliendo con cetere al collo ghírlandelte di gigli e di rose, corvi, piche, cicale ed arpie, strani insetti portando sull’ali, penetrar per recondite vie, ed armar becco ed unghia a’ lor mali. Giá chinati sull’arido stelo stanno mesti i miei poveri fiori, come allor che, appassiti dal gelo, perdon grazia, fragranza e colori. Di lor foglie son sparse le glebe, verme impuro le rode, le sugge; e di tori, di pecore e zebe zampa e dente le scalza, le strugge. Poco vaimi a’ ruscelli invitarli, ch’io giá trassi da Tebro, da Sorga; poco giova ch’io preghi, ch’io parli: de’suoi danni non v’è chi s’accorga. Dove pria fiordalisi e gesmini, dove sorser ridenti arboscelli, stecchi or nascono, lappole e spini, e la vespa s’annida tra quelli : vespa audace, importuna, insolente, che ronzando t’assorda l’orecchia; ed il timo ed il fiore nascente trae dal rostro a melifera pecchia.

Mi piace nulladimeno separar l’ortichc da’ fiori. L’anno 1S23 capitò qui un italiano, che, per altezza (l’ingegno, per vastitá di sapere e per conoscenza perfetta della nostra letteratura, pareva mandato dal cielo per assistermi nell’alta impresa. Questi è il marchese Santangelo, la cui dottrina rispetto, le cui disgrazie compiango e il cui cuore amo teneramente. Circostanze bizzarre lo trassero al Messico, altre circostanze il ricondussero a Filadelfia. Facciamo ora de’ voti che ritorni a Ncw-Yoik.