Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. II, 1918 – BEIC 1797684.djvu/29

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pesce, ove ferendomi gli occhi un bellissimo non so se carpione o luccio, lo comperai, lo portai a casa, ordinai che lo facessero bollire e ne mangiai la metá col maggior appetito del mondo, pigliando, invece di pane, due bellissime patate, in obbedienza parziale alla dieta ordinatami da quell’eminente dottore. Andai il di seguente a trovarlo. Fu lieto d’udire ch’io stava meglio, che non avea trasgredite le sue prescrizioni, e m’ordinò di seguitarle. Le seguitai rigorosamente; senonché, ’ invece di quattro ostriche e due patate, mi cibai di quattro patate e di un solo pesciolino di circa due libbre. In cinque sei giorni io stava bene. Allora lodai e ringraziai cordialmente quell’uomo giustamente si celebrato, ch’io nulladimeno prenderei piú volentieri per mio medico che per mio scalco. Sentendomi forte della persona ed in istato d’agire, cominciai a dar opera agli affari. Venduto l’orologio, i cavalli, la sedia e una considerabile quantitá di spiritosi liquori prodotti dal grano che per me distillavasi, mi trovai possedere sette a ottocento piastre, e con questi ricominciai a trafficare. Si sparse fama frattanto, non so dir come, per Filadelfia, ch’io sapessi manipolar per tal modo i liquori stillati, da trarne una qualitá d’acquavite non dissimile a quella che da’ vini stillati si trae da’ francesi distillatori. Due mercadanti rispettabili vennero da me, e si fece un contratto di societá per questa operazione. Sembrando prosperare, volli tornar a Sunbury per disporre le cose e per comperar quanto grano potea, per farne poscia delle distillazioni per l’acquavite. Avendo venduti i cavalli e la sedia, pigliai un posto nella diligenza, che va prima a Reading e di lá a Sunbury. Partimmo verso la sera da Filadelfia: dovevamo fermarci la notte a un villaggio, detto La Trappa. Quando giungemmo ad un certo ponte, distante da quello due miglia, la notte essendo oscurissima e il condottiere briaco, fummo rovesciati in un profondissimo fosso, e, di dieci eh’eravamo nella carrozza, nessuno ne usci senza aver o rotta la testa o dislocata una spalla o fracassato qualche osso. Io ebbi un’orribile contusione nel braccio sinistro, spezzato l’altr’osso che congiunge il collo alla spalla destra, e offesa talmente la