Pagina:Da Ponte, Lorenzo – Memorie, Vol. II, 1918 – BEIC 1797684.djvu/46

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lorca». Pigliai questa voce come una inspirazione celeste, ed inviai senza dilazione, pel mio troppo presto rapitomi figlio, la metá di quelle gioie preziosissime in questa cittá. Si presentò agli allievi ed amici miei, e senza la menoma difficoltá in tre soli giorni n’ebbe profittevole spaccio. Tornò trionfante a Filadelfia, e insieme col danaro portommi una graziosissima lettera del mio angelo tutelare, signor Clemente Moore, nella quale invitavami a ritornare a New-York per ridarmi interamente alla coltura e diffusione della nostra letteratura e favella. Sarei partito sul fatto per Nova-Iorca, se un affare d’alta importanza non m’avesse trattenuto. Certo Giuseppe Mussi, nolus in Iudea deus, teneva vari stromenti di certe terre, che appartenevano a Giovanni Grahl, padre della mia moglie. Erano questi stati depositati in sua mano dal figlio del sudetto Grahl, in un tempo che eran entrambi falliti, entrambi in prigione. Queste terre furono occupate a certa epoca da persona straniera, che le coltivava e godeva pacificamente, senza che né Mussi né alcuno de’ Grahl ne domandasse il possedimento. In capo a molti anni morirono padre e figlio, e, rimanendo erede l’unica figlia, trovai documenti certi di collusione tra i due incarcerati falliti. Domandai perciò la restituzione di quelle terre dal posseditore, in virtú di nuovi stromenti tratti da’ pubblici uffizi, dove registrate erano come proprietá di Giovanni Grahl. Mussi si oppose, allegando che quelle terre eran sue e che aveva dato tra effetti e contanti a Pietro Grahl da due a tremila piastre. Questo bastò per dar al Drummeller un buon pretesto per rimanerne posseditore. Ebbi varie conversazioni col Mussi, e, non conoscendo abbastanza né le sue astuzie né la sua morale né la sua aviditá, credei colle ragioni e colla piacevolezza poter accomodare le cose. Io non poteva capire come un uomo, arrivato alla decrepitezza, abbastanza ricco, senza famiglia, senza bisogni, potesse tentar di tenere per raggiri e artefizi proprietá su cui non poteva avere il menomo diritto. E quella sua asserzione d’aver dati al figlio Grahl da due a tremila piastre, al punto d’un fallimento e in prigione, mi pareva non solo ridicola ed insostenibile, ma ardita ed ontosa, perché lo dichiarava