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116 | giulio verne |
diranno più facilmente; noi non avremo da lottare colle acque, circostanza che ci risparmierà incanalature lunghe e costose; ed è cosa di non lieve conto quando si tratta di scavare un pozzo della profondità di novecento piedi.
- Avete ragione, disse allora l’ingegnere Murchison; bisogna, per quanto è possibile, evitare i corsi d’acqua durante la scavatura; ma se per mala ventura incontriamo delle fonti, noi le asciugheremo colle nostre macchine o le svieremo. Non si tratta qui di un pozzo artesiano1, stretto ed oscuro, dove la madrevite, la canna da investire lo scandaglio, in una parola tutti gli utensili del foratore, lavorarono alla cieca. No, noi opereremo a cielo aperto, alla luce del giorno, colla zappa o col piccone in mano, e col soccorso della mina farem camminare l’impresa con rapidità.
- Però, riprese Barbicane, se per l’elevazione del suolo o per la sua natura noi possiamo schivare una lotta colle acque sotterranee, il lavoro ne sarà più rapido e più perfetto; procuriamo dunque d’aprire la nostra trincea in un terreno situato ad alcune centinaia di tese al di sopra del livello del mare.
- Avete ragione, signor Barbicane, e, se non m’inganno, fra poco troveremo un luogo conveniente.
- Ah! vorrei essere già al primo colpo di zappa, disse il presidente.
- Ed io all’ultimo, esclamò J. T. Maston.
- ↑ S’impiegarono nove anni a forare il pozzo di Grenelle, che ha cinquecentoquarantasette metri di profondità.