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gli si deve dare a questo senatore. Di grasso o di magro?

«Elena lo sa» rispose Cortis.

Elena fe’ un atto di sorpresa.

«Lo so» diss’ella.

Cortis si dolse, con una ipocrisia tradita dagli occhi gai, ch’ella non leggesse le sue lettere. Le aveva bene scritto una volta che Clenezzi andava a mangiar di magro in Trastevere, dove un cuoco lombardo gli faceva certi... certi... come li chiamava? casonsèi.

Ah sì, adesso Elena se ne ricordava.

«Che vergognosa!» esclamò sua madre. «Sgridala, che hai ragione. Scordarsi le cose proprio nel momento giusto di doverle sapere!

Andò a vedere se il suo cuoco milanese sapesse fare questa roba. Elena aspettò che chiudesse l’uscio e chiese quindi a suo cugino se credeva proprio che non leggesse le sue lettere.

«Sai...» soggiunse, e voleva dire: quante volte! Ma non compì la frase. Cortis intese e, presala per mano, se la trasse a sedere vicina, sul canapè.

«Lo so» diss’egli teneramente. «Lo immagino.

Ella gli aveva abbandonata la sua mano e guardava in silenzio ora lui, ora la porta. Pensava che partirebbe forse tra pochi giorni, che le era lecito pigliarsi quelle dolcezze. Poi sussurrò:

«Hai avute tante lettere.

«Sì, amici di Roma.

Ella guardò la propria mano prigioniera e disse ancora più piano di prima:

«Cosa vogliono?

«Oh niente, avere le mie notizie, sapere se vado, quando vado.