Pagina:Daniele Cortis (Fogazzaro).djvu/357

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occulto dramma 347


qui a vivere d’intelletto e d’amore. Io no, io vivrei d’amore e di battaglie; ti vorrei testimone delle mie vittorie e conforto delle mie sconfitte. Mi getterei nella lotta a occhi chiusi, solo, da don Chisciotte. Oh che vita sarebbe! Che vita, Elena! Aspetta!

Saltò senz’altro sul davanzale della finestra e poi giù a fianco di sua cugina, la trasse con sè verso i prati.

«Mi sento un fermento di vigore, stasera» disse egli, «come nelle convalescenze della mia prima giovinezza. Tornerei certo a Roma e alla politica attiva se potessi sperare che là si vivrebbe vicini come ora qui. Altrimenti no. Se tu tornassi a Cefalù, temo che resterei a Villascura.

«E se mi fermassi con la mamma e con lo zio?» diss’ella.

«Credo che andrei, perchè mi saresti tanto più vicina, a ogni modo. Sarà così, non è vero? Resterai con loro?

Ella gli strinse il braccio, gli appoggiò quasi la tempia alla spalla, e mormorò:

«Saresti contento?

Cortis piegò il viso a quello di lei, la guardò negli occhi. Ella li chiuse quasi subito e camminava così, alla cieca, con la bocca socchiusa, col cuore tremante, quando udendo chiuder le invetriate della finestra da cui s’eran partiti, staccò il capo dalla spalla del suo compagno, sospettosa d’un occhio umano che la potesse coglier tra l’ombre della notte in quell’atto di abbandono.

Adesso c’era un lume da capo nella stanza del piano.

«Vuoi che rientriamo?» diss’ella fermandosi.

Rientrò sola, dalla porta ond’era uscita, mentre