Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
200 | dante e firdusi |
morte de’ suoi eroi, degli attori del tragico dramma guerriero, anche più si farà e grandiosa e solenne.
Afrâsyâb, il riottoso e crudel signore dei Turani, inseguito a morte del re degl’Irani, Khusrev, a cui a tradimento egli aveva ucciso il padre, quando, abbandonato da tutti e privo di regno, si sarà rifugiato in un’orrida spelonca sulle montagne, pregherà Iddio ad alta voce o di rendergli il regno o di mandargli la morte. Allora, un pio uomo, Hôm, della discendenza di Frêdûn, lo farà prigioniero e lo trarrà incatenato sulle rive del lago Ciaêciasta, ai piedi di Khusrev, adorante in un vicino tempio del fuoco. Ed ora, ecco là, sulla solitaria sponda biancovestito e cinto di diadema il giovane re figlio del tradito, e a’ piedi suoi, in catene e in lagrime, il tiranno, e intorno sospesa dell’animo e taciturna la schiera dei principi irani. Già sta per esser vibrato il colpo vendicatore, quando il prigioniero ricorda al re che s’è fatto suo carnefice, ch’egli è pur sempre il padre della madre di lui, e gli domanda se potrà mai egli squarciare il petto del vecchio e ramingo suo avo. Khusrev, per un istante, rimane perplesso e incerto; ma poi, rammentandosi che giustizia e dovere gli hanno armato il braccio, che il colpo fatale da lui solo deve esser vibrato, trafigge e atterra il vecchio re. La drammaticissima scena, che ne rammenta un’altra, celeberrima, nelle Coefore di Eschilo, è sovranamente descritta dal nostro poeta.
Ma ecco che cupi e tristi pensieri assalgono e turbano la mente di Khusrev, cioè se egli mai fosse ito troppo innanzi nel punir la morte del padre suo, se l’atto suo, anche se conforme a giustizia, fosse stato troppo rigoroso e crudo. Appartatosi dalla corte, vissuto più tempo nel digiuno, riceve finalmente dal cielo la rivelazione della prossima sua fine. Perciò, un giorno, di gran mattino, accomiatatosi dalla corte piangente, accompagnato da alcuni pochi principi ed eroi, risoluti a divider con lui la sua sorte, uscito dalla reggia, si volge verso le regioni lontane del settentrione, finchè, giunto la sera ad una landa squallida, nuda e deserta, fatta la sacra abluzione di rito in una fontana, vanisce dinanzi dalla vista degli eroi meravigliati e dolenti. Questi il vanno cercando tutta la notte per la deserta campagna finchè, allo spuntar del giorno, un sonno improvviso li sorprende, mentre, seduti intorno alla fontana, si stavano a favellar mestamente del perduto re. Sopravviene una tempesta di neve che ricopre d’un candido e intatto ammanto le loro spoglie, le spoglie di loro, che fino alla morte erano ri-