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lo Spotorno) dicono che formasse Regole di Aritmetica1.

Come ne’ secoli più antichi l’aritmetica, riguardata e trattata come scienza de’ numeri, trascurava del tutto l’arte computatoria; la quale poi da Leonardo Pisano fu congiunta coll’analisi, onde ebbe vita l’Algebra, che per alcune generazioni non seppe staccarsi dall’aritmetica: così in progresso di tempo e a mano a mano che la parte analitica andava crescendo, tornò di nuovo ad accadere la separazione e divisione del doppio studio. E furonvi aritmetici che vollero ristretto al solo uopo del commercio l’opera loro. Onde viene che dal solo conoscere i titoli di alcuni codici, o dal solo vedere appellato come aritmetico un maestro, non si può più arguire ch’esso debba aver posto fra’ matematici, piuttosto che fra i semplici computisti. Così Filippo Calandri, che nel 1491 stampò la sua aritmetica, dice chiaramente: «Si divide (l’aritmetica, o come egli scrive l’Arimetrica) in due parti principali: teorica, e pratica. La teorica considera le ragioni, cagioni, sostanza e qualità de’ numeri. La pratica consiste circa azioni e calculazioni delle cose che sono in atto. Conosciuto adunque la teorica esser parte di Filosofia lasceremo la speculazione d’essa a’ filosofanti. E della pratica volendo qualche parte per utilità degli artisti e mercatanti descrivere; procederemo con esempli di monete, pesi e misure fiorentine.»2



  1. Stor. letteraria della Liguria Tom. ii pag. 167.
  2. Così nell’edizione da me veduta, e già citata nella nota 112 — Vedo in alcuni fogli di Quesiti Bibliografici diretti a’ bibliografi e ad altre studiose persone dall’egregio Princ. D. Bald. Boncompagni, esistere una precedente edizione di questo Opuscolo del Calandri impressa nella excelsa cipta di Firenze per Bernardo Zucchecta Lanno mcccxc, e di nuovo nel 1515.