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Un ispettore ameno 183

tendo la mano sul tavolino, come per rompere l’incantesimo.... — facciamo un poco d’interrogazioni!

La maestra fece ad alcuni delle domande di nomenclatura sulle varie parti e suppellettili della scuola, che gli alunni fissavano ad una ad una con gli occhi larghi, come per strappar la parola dalla cosa.

A un tratto l’ispettore l’interruppe, e accennando col dito il ragazzo più grande: — M’interroghi un poco quell’attore lì — disse scherzosamente; — quello lì mi ha l’aria di saperla lunga.

— Pietro Genèri — chiamò la maestrina, dandogli uno sguardo di sfuggita, e guardando poi subito da un’altra parte.

Il ragazzo s’alzò, e benchè avesse una faccia invetriata di ladruncolo campestre, diventò rosso fin nel bianco degli occhi.

Questo parve strano al Ratti, e anche all’ispettore; e tutti e due notarono nella maestra un certo imbarazzo, benchè sorridesse. Anche il segretario sorrideva, guardando il pavimento.

L’ispettore non intese nè le domande nè le risposte, badando soltanto a osservare ora la maestra ora il ragazzo; e quando questi sedette, egli rimase un po’ pensieroso, e si grattò il mento. Poi si rivolse alla signorina, con gli occhi più lustri di prima, tenendo la penna alla mano, per far le solite domande. Il sindaco e il soprintendente s’alzarono e si fecero innanzi, per sentire e vedere.

— Età della maestra?... — domandò l’ispettore, con fare galante. — A lei si può domandare ad alta voce.

La maestra rispose con una nota soave: — Ventitrè.

— Ventitrè! — ripetè l’ispettore lentamente, come per sorseggiare la parola, e, datole uno sguardo congratulatorio, scrisse la cifra.

Domandò gli anni di servizio, lo stipendio, se avesse sussidii. Poi:

— Proposte?

— Non saprei, — quella rispose.

— Lagnanze?

— Non ho da far lagnanze.

C’era ancora una domanda. L’ispettore prese una espressione voluttuosa, e domandò con voce insinuante, smorzando la voce.