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Gelosie 217

a parole formate; le quali sono le scintille annunzianti che il fuoco ha preso dentro, e che a momenti usciran le lingue di fiamma.


GELOSIE.


Un fatto inaspettato lo turbò. Una sera a notte vide uscire il sindaco dall’uscio della sua vicina. La mattina si levò mezz’ora avanti ad aspettare ch’ella comparisse, e appena la vide alla finestra, la interrogò: essa disse della visita con tutta indifferenza, soggiungendo, per altro, che l’aveva stupita tanta degnazione: il sindaco era venuto a chieder notizie di suo padre, che aveva inteso dire si fosse aggravato improvvisamente; il che non era vero. E tagliò il discorso. Ma pochi giorni dopo fu peggio: all’uscita della lezione serale ella salutò il maestro in furia, dicendo d’esser stata chiamata alla casa comunale. Il maestro pensò con inquietudine che alla casa comunale, a quell’ora il sindaco doveva esser solo. Poi spiò dalla finestra della strada il ritorno di lei, e, vedutala, fingendo di dover uscire, discese per le scale, dove la incontrò, e le chiese notizie in quel buio, che nascondeva il suo viso ansioso. — Oh! una cosa di nulla, — rispose la maestra in tuon di scherzo: il sindaco si era voluto concertar con lei riguardo a certi parenti di alunne recidive, prima d’infligger la multa. Ma di lì a tre giorni, eccoti una visita del sindaco, solo, a tutte le classi; quindi anche alla sua. Non c’era più dubbio: l’Autorità si cominciava a infiammare. E da capo il giovane interpellò la maestra sul terrazzino. Ma questa volta essa sorrise in maniera da far sospettare che il sindaco avesse cominciato a dichiararsi. — Fa certe visite — disse; — .... un monte di parole, che non menano a nulla.... Pare che abbia del tempo da perdere.

— Chi sa! — rispose il giovane, con certa amarezza; — è così sciocco che è capace di sperare.... di non perderlo.

La maestra gli lanciò uno sguardo, corrugando le ciglia, e disse: — Con me la speranza può durar poco.

Il maestro si sentì freddo al petto, come s’ella avesse

Il romanzo d’un maestro. — I. 14