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102 Camina

uomo, nel quale, per non so che istinto, egli fiutava un futuro nemico, concorse fin dai primi giorni a rendergli più facile l’attuazione del suo ideale.


LA “LETTERATA.„


Era intanto arrivata e aveva esordito alla scuola la maestra nuova. Era arrivata una sera in diligenza, con una piccola zia gobba; e cinque o sei scolarette della campagna avevano annunziato la sua entrata nel villaggio, correndo davanti ai cavalli e gridando a tutti gli usci: — La maestra nuova! La maestra nuova! — La prima impressione che fece il suo aspetto non fu cattiva. La signorina Gamelli era una personcina graziosa, piccoletta di statura, un po’ troppo scarsa di tutto, con due grandi occhi umidi, che avrebbero fatto miglior figura in un capo meno grosso, e con un’ombra leggerissima sopra il labbro superiore, che le stava bene. Per due giorni non si parlò d’altro. — È arrivata la soave fanciulla. — È venuta la letterata. — Chi ha visto la letterata? — Chi la diceva bellina, chi brutta, chi nè l’uno nè l’altro; gli uni la trovavan “troppo acciuga„ gli altri “vestita troppo poeticamente.„ Alcuni che l’avevan vista di sfuggita dietro alle persiane della finestra, dicevano che si dava “delle arie.„ Siccome era arrivata di sabato, una parte del bel mondo maschile andò apposta la mattina seguente, all’ora della messa grande, ad aspettarla in chiesa; dove pure stava alla posta qualche signora. Ma la maestra non comparve. Qualcuno disse d’averla veduta alla messa piccola delle cinque; ma altri negavano che vi fosse stata. — Queste letterate — dicevano — sono mezzo emancipate, che non credono nè a Dio nè al diavolo. — Poi vennero i giudizi dei primi che le parlarono. E qui incominciarono i guai. La signorina portava veramente in sè un riflesso dei difetti del suo stile, una cosa da nulla, un’idea d’affettazione negli atteggiamenti e nel linguaggio: guardava troppo spesso il cielo o il soffitto, e oltre all’adoperare ogni tanto qualche frase presa con le pinze dalla raccolta, e a toscaneggiare un po’ troppo ostentatamente, aveva la