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I martiri della ginnastica 141

stita di chiaro, sempre rossa e fresca come un’inglesina di diciottanni, e nei pochi minuti avanti la lezione, se non c’eran dei maestri vicini, dava saggio della sua elasticità sulle parallele o saltava la cordicella, in mezzo ai sorrisi d’ammirazione delle sue colleghe rustiche e mature, di cui aveva conquistate le simpatie. Le due monache soltanto guardavano da un’altra parte, scandolizzate, e la maestra Falbrizio, che in quindici giorni era già entrata in relazione con tutte, e sapeva di tutte vita e miracoli, la biasimava con dolcezza materna, di crocchio in crocchio, dicendo che quella esposizione di calze bianche, per quanto fosse fatta innocentemente, non istava bene, lì a dieci passi dai maestri, che la sbirciavano; tanto più che aveva il vestito un po’ troppo corto; ed anzi essa aveva già sentiti certi discorsi. Ma quelle calze erano così bianche, così ben riempite e ben tirate e leste, che ottenevano l’indulgenza anche delle spettatrici meno benevole. Passando davanti a un gruppo di maestre, il Ratti sentì una buona donna coi capelli brizzolati, che la difendeva bonariamente. — Eh! lasciatela fare, — diceva, — povera ragazza. Quella lì almeno ci fa un po’ d’onore: fa vedere che nel corpo insegnante non ci sono soltanto dei vecchi rosti.


Negli ultimi giorni il Ratti s’intrattenne di preferenza con la maestra Manca, che gli aveva lasciata una così buona memoria. La prima volta che s’incontrarono, essa lo salutò abbassando gli occhi, un po’ vergognosa di comparirgli davanti invecchiata. Era molto invecchiata, infatti, per il tempo trascorso; ma il viso sfiorito, sul quale pareva che avessero lasciato una traccia tutti gli stenti e tutte le umiliazioni della sua povera vita di maestra rurale, mostrava ancora la dolce rassegnazione antica, e il suo corpo esile serbava la grazia monacale degli anni andati. All’udir la sua voce, il giovine si ricordò con commozione delle serate tranquille che aveva passate in casa sua, in compagnia di sua madre, quando essa lavorava a un paramento per l’altar maggiore della parrocchia. Sua madre viveva ancora; nulla era seguìto di nuovo nella sua vita. Altre duecento ragazze avevano avuto le sue cure e le sue carezze, altre quattro visite d’ispettori l’avevan fatta