Pagina:De Amicis - La vita militare.djvu/237

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la sentinella. 229

e se lo cova, se lo stuzzica, se lo gode, succhiando lentamente un sigaro e geroglificando le ceneri colle molle e brontolando di tratto in tratto: — Che tempo! — Una di quelle notti in cui anche il marito disamorato e tediato avvicina un po’ più del solito la seggiola a quella di sua moglie; e lo scapolo fantastica le gioie intime e tranquille d’una famigliuola, e, rinunciando alle baraonde consuete, si ficca per tempo sotto le coltri, si contorce un pochino per iscavarsi la fossetta calda, mette fuori tanto di mano quanto n’occorre per tenere il romanzo e, scorse due o tre pagine, s’addormenta placidamente aguzzandosi il gusto del caldo e del riposo coll’immagine dei poveri assiderati che non hanno letto nè casa. Una di quelle notti in cui la vita d’una città si ristringe tutta intorno ai focolari domestici, dove i consueti colloqui tra le famiglie e gli amici più stretti si producono oltre l’ora consueta, finchè i fanciulli presi dal sonno tiran di soppiatto la gonnella alla mamma per farle rammentare il letticciuolo che aspetta, e vanno poi a dormire pregodendo nel pensiero la gran battaglia a palle di neve che combatteranno il domani. Una di quelle notti in cui i desiderii più vivi son tre, come dicono gli scapati; un caro viso, un bel libro e un buon bicchiere.

Tutti, anche i più poveri, trovano, in codeste notti, la carità d’un po’ di tetto, d’un po’ di fuoco e d’un po’ di strame; tutti trovano uno schermo dalla neve, almeno fino al primo rischiararsi del cielo, almeno per l’ore in cui la vien giù così fitta che par che voglia seppellire le case; tutti riposano, tutti dormono, tutti, — tranne la sentinella, — per cui non v’ha nè tetto, nè fuoco, nè riposo; ma solamente un solitario casotto di legno, un pesante mantello di pannaccio, e la consegna del caporale.

Guardate laggiù, in fondo a quella piazza tutta